Midnight Mass: l'orrore di ogni genere di fanatismo

 


Midnight Mass è una miniserie televisiva creata e diretta da Mike Flanagan, regista e sceneggiatore statunitense. La serie tv sta facendo parlare di sé per l’insolito ritmo narrativo e i temi affrontati. Perché Midnight Mass, che viene descritta come una serie horror/fantasy, in realtà nasconde molto di più.

Quando lo spettatore si trova di fronte a una storia del genere può solo o amarla o detestarla. Non esistono, in questo caso, vie di mezzo. Se si sceglie la serie di Flanagan solo perché fan dell’orrore, si potrebbe restare delusi. Questo perché Midnight Mass descrive sì l’orrore, ma non quello a cui il piccolo o il grande schermo ci hanno abituati.

La trama

Faticherò a scrivere questa recensione senza incappare in spoiler che mai come in questo caso sono vietati! Proveremo comunque ad analizzare questo piccola opera televisiva senza incappare in sgradite sorprese per chi vuole iniziarne la visione. Cominciamo dunque con la trama:

Il ritorno di Riley Flynn a Crockett Island, piccola e isolata comunità di sole 127 anime, ci porta a fare la conoscenza di una società che vive un decadimento pragmatico e spirituale indiscutibile. Le poche persone rimaste sull’isola rappresentano lo spettro di una realtà che una volta le univa e che rafforzava. Un sentimento che sembra pervadere anche Riley, tornato dopo un esilio volontario sul continente e poi forzato, dopo l’arresto per omicidio stradale in stato di ebrezza. L’arrivo di un nuovo giovane prete, Padre Paul, sconvolge l’esistenza della piccola comunità con il suo travolgente carisma e, soprattutto, con una serie di miracoli che fanno sorgere più di un interrogativo in Riley, ormai ateo dopo gli eventi che ne hanno sconvolto l’esistenza, e che scatenano un revival religioso nell’intera comunità, mentre una presenza oscura e misteriosa si aggira per l’isola. (Fonte Wikipedia)

La trama trovata in rete ci presenta già i protagonisti principali, o almeno alcuni, narrandoci l’ambientazione ispirata liberamente a atmosfere alla King: un’isola lontana dal continente, una piccola comunità di persone le cui esistenze sono state segnate da trascorsi difficili, oscure presenze, un prete che è la chiave di tutta la storia. Elementi che fanno gola agli amanti del fantastico e che accendono la curiosità. Poi, scopriamo subito che ci troviamo di fronte a ben altro.

La narrazione lenta fino al finale esplosivo

Anche chi come me ha apprezzato la serie non può negare la lentezza dei primi episodi dove non accade nulla di particolare. Ma Flanagan non lascia le cose a caso e conduce abilmente lo spettatore proprio in questa monotonia dell’isola, in un clima narrativo estremamente lento, farcito di dialoghi e descrizioni visive rese attraverso un’ottima fotografia. Il regista sa bene che lo spettatore, se non entra con la testa e col corpo nella storia, non capirà a fondo il messaggio ultimo che vuole mandare. Dunque, ecco che siamo condotti per mano alla conoscenza degli abitanti dell’isola, del loro passato e del loro futuro e soprattutto dello stile di vita che conducono: sono persone semplici, pescatori che hanno dovuto affrontare difficili prove, dediti alla religione e alla vita ordinaria. Ma si percepisce subito che qualcosa debba accadere, che la realtà monotona e tranquilla sarà presto sconvolta.

I personaggi

Quando i personaggi sono descritti alla perfezione e compiono il loro personale viaggio dell’eroe, allora ci rendiamo conto che siamo di fronte a dei grandi personaggi. Cominciando proprio da Riley Flynn, il ragazzo che torna nell’isola dopo aver investito una ragazza nel continente e aver scontato la sua pena in carcere. Riley, però, è continuamente morso dalla coscienza per ciò che ha fatto, sempre alla ricerca di un perdono che non sa dare a se stesso. Ma la via verso la redenzione è lunga e sofferta e noi peniamo con lui fino alla fine. Di contro, l’arrivo del nuovo parroco, fulcro della storia che svelerà ogni mistero nel grandioso finale, risveglia le coscienze religiose degli isolani che si riscoprono credenti e ricchi di speranza verso il futuro. I continui confronti tra i singoli personaggi così ben caratterizzati costringono lo spettatore a porsi le medesime domande e i medesimi dubbi. Tra tutti: quale è il vero di Dio? Cosa accade quando moriamo? Interrogativi senza i quali l’uomo stesso non dovrebbe chiamarsi tale.

I dialoghi

È vero, a eccezione degli ultimi due episodi dove l’orrore scoppia e la tensione sale, negli altri episodi di Midnight Mass i dialoghi superano di gran lunga le scene di azione. Ma non a caso: i dialoghi fanno da supporto sia alla crescita dei personaggi, come è doveroso che sia, ma anche alla crescita dell’orrore. Le continue e ripetitive citazioni tratte dalla Bibbia, non fanno altro che accrescere la follia di una manciata di uomini che vivono un tempo sospeso dal tempo del resto del mondo. Questi sostituiscono il parlato comune con salmi e versetti delle sacre scritture, condizionando non soltanto i personaggi ma anche lo spettatore. Incredibile poi il dialogo sulla morte di Riley ed Erin, altro personaggio chiave della storia, che fugge da un passato di violenza domestica. Vi riporto direttamente qui sotto il video rilasciato da Netflix, poiché ogni altra parola sarebbe superflua. Aggiungo soltanto che Erin, di contro canto, dà una sua versione personale molto più cattolica. A voi sta decidere quale condividere.

La fede in Dio

Ed eccoci a parlare del motore della storia: la fede in Dio. Abbiamo già detto che gli isolani sono cattolici ma l’estremismo e il fanatismo religioso sono tutti incentrati su un personaggio particolare: la perpetua Bev Keane, interpretata da una eccellente Samantha Sloyan. Bev è una donna religiosa fino all’estremo che vede e crede nei segni di Dio anche a costo di ribaltare ogni virtù religiosa e ogni precetto insegnatoci al catechismo. E la fede, come nella peggiore delle inquisizioni, non giustifica le atrocità ma ne è il movente. Il male e il bene si mescolano per davvero poiché gli angeli della religione diventano angeli dell’oscurità. Le stesse sacre scritture vengono rilette e reinterpretate in nome di quelle ingiustizie e di quei peccati che allo stesso modo vengono reinterpretati come un segno di Dio. E se questo potrebbe risultare blasfemo (se siete particolarmente religiosi questa serie, attenzione, porrebbe turbarvi e non poco) in Midnight Mass il regista dosa e mescola tutto così abilmente che, al contrario, ogni blasfemia risulta giustificata in funzione del suo messaggio.

L’orrore vero

Ed è questo l’orrore vero. Non creature della notte o il sangue che iniziava a scorrere a fiotti verso la fine. Ma il vero orrore è il fanatismo religioso che annulla ogni altro valore e scambia i peccati per volontà di Dio. Midnight Mass è una chiara denuncia contro ogni estremismo religioso o ideologico. La nostra Storia è piena zeppa di guerre e scontri condotti in nome di un dio. La religione smuove i popoli e lo fa anche a Crockett Island che diventa un microcosmo-specchio che riflette realtà esterne in cui le sacre scritture vengono seguite alla lettera per dettare regole civili e di convivenza. Questo accade perché siamo esseri umani limitati e questo ci ha sempre condotto a porci domande alle quali non troveremo mai una risposta. Che succede quando moriamo? C’è davvero il paradiso, dopo? O piuttosto non c’è nulla? La prospettiva del nulla spaventa più di qualsiasi altra cosa. Ecco dunque che la religione interviene per spiegare tutto ma se, male interpretata, si trasforma nel vero orrore.

Fanatismo religioso come sinonimo di distruzione

La religione domina su tutta la serie. Assistiamo a vere e proprie predicazioni, a messe celebrative, a preghiere personali o di gruppo. Non soltanto cristiane ma anche musulmane. Altro personaggio chiave-specchio di Midnight Mass è Omar Hassan, lo sceriffo arabo. Altra religione che non si scontra, in questo caso, con quella cattolica. Avviene piuttosto il contrario: sono i fanatici dell’isola che guardano di malumore lo sceriffo, soprattutto dopo quanto accaduto l’11 Settembre 2001. Piccola isola sì, ma le notizie e le concezioni esterne arrivano anche lì. L’isola sembra per davvero tagliata fuori dal mondo, come se la dimensione in cui si trova fosse privata e assoluta, ma l’isola è del mondo e anche se non segue le regole del mondo, le assorbe. Non c’è un chiaro e palese scontro tra le due religioni ma l’impressione che si ha è quella che Flanagan abbia voluto criticare fortemente i pregiudizi dei cristiani e non nei riguardi dei musulmani, soprattutto dopo gli attentati terroristici di New York. Lo fa in silenzio, senza esporsi, ma lo fa tanto che il personaggio dello sceriffo si erge quasi ad eroe della coscienza.

Padre Paul: il delirio collettivo per un fine più alto

Per ultimo, ma non ultimo, il personaggio di Padre Paul, il giovane prete che arriva nell’isola e accende la miccia che divampa fino alla fine. È lui il motore della storia anche se lo spettatore viene fuorviato, fin dal suo ingresso nella chiesa, sui suoi scopi. Religione, sta bene… Ma perché questo giovane parroco dalla dialettica eccellente e le buone intenzioni muove le fila di un isterismo collettivo? È soltanto la Fede a spingerlo? Purtroppo non posso rispondere adesso a questa domanda poiché è proprio in questa motivazione che il cerchio si chiude, e che capiamo perché accade ciò che sta accadendo. Certo è che il parroco ha soltanto condotto il suo gregge ma che, come spesso accade, il gregge poi ha preso il sopravvento o smarrito la strada. Non ci è dato modo di odiare questo personaggio. Flanagan gli cuce addosso una personalità variegata ma ferma nei suoi principi e anche lui, come molti altri, fa l’errore di scambiare il male con il bene. Sì, proprio lui. Perché dentro l’abito talare c’è un uomo. E gli uomini tendono a sbagliare per poi chiedere perdono. Falsificano la realtà a seconda dei propri bisogni. Fino all’epilogo dove ogni spiegazione viene concessa e dove ciascuno, come in un lungo esame di coscienza, fa i conti coi propri errori e i propri orrori.

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