Urbex: la storia e le ragioni di un fenomeno
Ville abbandonate, fabbriche dismesse, strutture sanitarie che raccontano malinconiche vicende di un passato che è ancora lì, sotto gli occhi degli esplorati urbani che lo guardano. Il fenomeno urbex racchiude in sé molteplici significati e colpisce anche chi, di questo mondo, non sospettava nemmeno l’esistenza.
Per fenomeno urbex (urban exploration – esplorazione urbana) si intendono quegli esploratori di luoghi abbandonati come ville, abitazioni, fabbriche, strutture sanitarie… Insomma, tutto ciò che ha avuto una storia e che si erge ancora in piedi per raccontarla.
La nascita dell’urbex
La nascita del fenomeno urbex viene fatta risalire al lontano 1793. Un certo Philibert Aspairt, un portinaio d’ospedale, si avventurò per motivi sconosciuti nei tunnel sotterranei delle Catacombe di Parigi. Non ne fece più ritorno. La sua lapide, che si trova presso le Catacombe, recita: in memoria di Philibert Aspairt, disperso in questi cunicoli il 3 novembre 1973; ritrovato undici anni dopo e tumulato nello stesso posto il 30 aprile 1804. La sua misteriosa vicenda, dunque, gli ha dato l’appellativo di primo esploratore urbano.
Il termine urbex
Ma il termine urbex ha una nascita più recente: viene coniato da Jeff Chapman, in arte Ninjalicious, esploratore urbano canadese, morto prematuramente nel 2005. È stato proprio lui a definire l’urban exploration come una vera e propria attività organizzata nell’infiltrarsi in zone al limite di ogni sorta e genere, fornendo anche preziosi suggerimenti su come approcciarsi e affrontare le perlustrazioni. Perché essere un esploratore urbano esige delle regole e comporta alcuni codici etici e legali da seguire.
Un fenomeno social… e.
Imbattendosi in un gruppo di esploratori urbani non si può fare a meno di chiedersi perché impieghino energie e tempo nel cercare prima luoghi abbandonati per poi intrufolarsi al loro interno per filmare, fotografare, ciò che vi è rimasto. Cosa fa scattare, dunque, la molla della curiosità rivolta a ciò che è stato ed è oggi in disuso? Quali argomentazioni si nascondono dietro il semplice, che poi tanto semplice non è, atto di afferrare una telecamera e avventurarsi in posti troppo spesso, purtroppo, vandalizzati e privati dunque della loro originale sembianza. Un esploratore urbano, alla fine, può decidere se tenere per sé le proprie scoperte o comunicarle al mondo, fungendo dunque da intermediario sociale tra le crepe della storia e la conoscenza di posti che altrimenti verrebbero dimenticati o più semplicemente ignorati.
Raccontare storie
I posti abbandonati a se stessi, alcuni impreziositi ancora di cimeli e ricordi di proprietari scomparsi, raccontano delle storie. Gli oggetti e i silenzi, raccontano delle storie. Il tempo consuma le cose ma non il fascino che esse emanano all’occhio dell’esploratore attento. Il tempo si congela, nei posti abbandonati. Si rende quasi eterno e immobile. Un tempo sospeso che sembra non conoscere fine, sebbene una fine ci sia stata e sia evidente. Un abbandono repentino, a volte, o un lascito costretto come nel caso di manicomi o di aziende fallite. Un mistero soggettivo, dunque, che non smette di stupire.
Conoscere ciò che ci circonda
Alla base di tutto c’è la conoscenza. Dal sapere come ci si deve spostare, alle vicissitudini del posto in sé. Conoscere un posto abbandonato è come spalancare, con prudenza, la finestra su un nuovo mondo da conoscere e rispettare. Conoscere perché documentarsi, leggere, costituisce il primo passo. La storia nasce da lì, lo sappiamo bene. L’azione la segue subito dopo. Rispettare perché anche ciò che è abbandonato è stato di qualcuno. La regola del “chi trova tiene” nel mondo urbex non ha senso di esistere. Piuttosto, i passi dell’esploratore urbano lasciano orme tra la polvere ma mai segni troppo evidenti del suo passaggio.
Prudenza e sicurezza come comandamenti
Nonostante sia un fenomeno in costante crescita, la curiosità (o perché no, il desiderio di visibilità) non deve sostituire quello della sicurezza. I rischi che comporta un’esplorazione urbana sono molteplici e vanno da quelli prettamente fisici (incidenti sul posto) a quelli legali (infrangere leggi, ad esempio, sulla violazione di domicilio o similari). Andare a caccia di posti che sembrano guardarci dall’alto dei loro anni, attraverso ingressi bui e all’apparenza spenti, non deve essere scambiato per un semplice passatempo ludico. La prudenza e la sicurezza personale diventano due imperativi costanti. Il mondo urbex ha delle poche, semplici, essenziali regole tra le quali: assicurasi sempre che il posto sia per davvero abbandonato, portare con sé la strumentazione giusta per documentare ciò che si trova, nonché indossare calzature comode e abbigliamento adatto.
Documentare per diffondere (anche) il degrado urbano
La documentazione è parte essenziale di una seria spedizione urbana. Ciascun esploratore, in base alle possibilità e conoscenze, opera diversamente a seconda delle proprie inclinazioni personali. Ma le fondamenta restano le stesse: documentare, rendere giustizia e memoria ad angoli di posti dimenticati. Ma tali documentari e video testimoniano un altro fenomeno tristemente noto in Italia che è quello dell’abbandono urbano. Edifici, soprattutto fabbriche e vecchie ville storiche, che si ergono come scheletri inanimati disturbando quasi il paesaggio, macchie sbiadite di un passato ignorato dai più anche da chi, quegli edifici, dovrebbe magari abbatterli per ricavarne qualcosa di nuovo e ospitale. I pavimenti che calpestano gli esploratori urbani, come già detto, possono diventare pericolosi non soltanto per loro ma anche per chi vi abita attorno. Riqualificare dunque, recuperare spazi urbani. O tentare, almeno, di farlo. Tacitamente sembra che, il fenomeno urbex, sembri suggerirlo.
C’è qualcosa di misterioso, avventuroso e melanconico nel seguire queste esplorazioni. Ci ricordano un’Italia che non esiste più, quella (per fortuna) degli ospedali psichiatrici, o di ricchi e antichi nuclei familiari che sembrano aver lasciato i propri ricordi soltanto per permettere a qualcun altro di ritrovarli. Storie antiche di oggi e di ieri che il tempo non cancellerà mai, non adesso con gli esploratori urbani armati di macchine fotografiche, pronti a immortalare in uno scatto o in una ripresa quel passato che, non visto, ci guarda silente.
Ma nessuno avrebbe saputo raccontare meglio l’esplorazione urbana se non chi per davvero è solito cimentarsi in un’esperienza simile. Quelli che seguono sono soltanto alcune delle persone o, gruppi, dediti a questo tipo di “viaggi nel passato”. Dalle loro parole si evince quanto il fascino della storia vinca su ogni altra cosa, affascinando anche chi nei posti abbandonati, per paura o altri svariati motivi, non metterebbe mai piede.
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