Interview Tour "Eleonora Della Gatta"




Buon pomeriggio, amici di blog!
Oggi ospito una delle autrice della collana Little Black Dress, Eleonora Della Gatta che ha risposto ad alcune delle mie domande. 
Leggiamo insieme che cosa ci ha svelato di se stessa e del suo saggio.

Ciao Eleonora e benvenuta nel mio blog. 
Ciao Alessandra, grazie a te per l’invito.

Prima di parlare del tuo saggio volevo domandarti chi è e cosa fa Eleonora nella vita.
Se mi dovessi descrivere in poche righe, ti direi che sono nata nel 1980 quando c’erano ancora le lire, il Telegattone, Bim Bum Bam e le targhe con il nome della città. Mi sono laureata alla caotica Sapienza in Letterature Europee Moderne (Facoltà di Lettere) e oltre a essere una scrittrice (per ora ancora emergente), sono editor e copywriter. 
Potrei dirti che sono una inguaribile sognatrice e tendenzialmente ottimista, salvo poi svegliarmi ogni tanto con la luna storta, coltivo speranze nell’orto della felicità, ho un debole per gli animali e una passione smodata per le melanzane fritte! Cinefila (come si sarà capito) e lettrice incallita, mi aggiro per il web anche con lo pseudonimo di Aristogatta.

Quando hai scoperto The Shining di King e quando The Shining di Kubrick?
King e il suo Shining sono arrivati da me quando avevo tredici anni, frutto di uno dei miei soliti giri in libreria con papà (che mi fece scoprire con L’incendiaria quello che sarebbe stato uno dei miei autori preferiti). Fu una lettura estiva, pensa un po’. Mi ricordo ancora che il punto in cui Danny, nel romanzo, veniva inseguito dalle siepi a forma di animali mi rimase così impresso da turbare più di un sonno notturno. 
Lo Shining di Kubrick invece lo vidi intorno ai vent’anni. Sempre con mio padre, appassionato come me di horror. Poi entrambi, film e libro, li ho visti e rivisti, letti e riletti – come potrai facilmente immaginare.

Cosa ti ha colpito così tanto della visione di questa pellicola tanto da spingerti a scriverne un saggio?
Posso dire tutto? Ok, forse è un po’ generico. Dunque, la recitazione magistrale di Nicholson che con quelle espressioni micidiali ti carica di un’ansia assurda. La terribile stanza 237 e la vecchia che vi abita, sdraiata nella vasca, pronta a strangolare il malcapitato di turno. I suoni e le musiche che pressano incessantemente; l’ambientazione così grande e maestosa, ma allo stesso tempo claustrofobica, che ti fa capire che i protagonisti non hanno via di scampo. Le gemelle Grady che spuntano all’improvviso, cantilenando la loro minaccia velata. Il rumore del triciclo di Danny tra i corridoi, le facce stralunate di Wendy e le sue crisi isteriche. La regia geniale di Kubrick, ovviamente! Tutte queste cose, e molto altro, mi hanno spinta a volerne sapere di più, ad approfondire, ed ecco il saggio.

Quali sono i messaggi che questa pellicola vuole dare allo spettatore e perché anche chi non ama questo genere dovrebbe vederlo?
Nel saggio ipotizzo tutta una serie di significati nascosti che, secondo varie teorie complottiste (e non), Kubrick avrebbe disseminato qua e là nella pellicola. Purtroppo il regista è scomparso ormai da anni (7 marzo 1999), quindi non può confermare né smentire determinate ipotesi. Però resta di fatto il messaggio immediato: un bel film tratto da un soggetto altrettanto bello, una storia che non può lasciare indifferenti e che fa riflettere sugli abissi della mente umana e sul significato di famiglia. Famiglia è quel “luogo” che dovrebbe essere sinonimo di protezione e sicurezza ma che può trasformarsi (in questo caso per motivi oscuri e orrifici) in una insidia. Jack ama la sua famiglia, ma all’improvviso scatta qualcosa dentro di lui che lo porta addirittura a volerli uccidere. Un’incrinatura della psiche, inizialmente microscopica, ma che pian piano si allarga sempre di più fino a diventare insanabile. È un film horror, sì. Ma è anche molto altro. Ecco che ti rispondo anche alla seconda domanda: The Shining può (deve, secondo me!) essere visto in modo trasversale, anche da chi non è un vero e proprio amante del genere. È un cult movie che, alla pari di un romanzo imperdibile che ha fatto la storia della letteratura (come per esempio i Promessi Sposi), va visto al di là del genere a cui appartiene, perché il suo essere “horror” è solo un aspetto. 

Scriverai altre opere di saggistica o potremo leggerti anche in veste di romanziera? 
Non so dirti se sarò in grado di produrre un altro saggio, ci sta dietro tantissima ricerca, lavoro e concentrazione. Però mi piacerebbe approfondire un altro dei miei registi del cuore, Alfred Hitchcock. La finestra sul cortile (che tra l’altro menziono nello stesso saggio di The Shining) è tra i miei film preferiti e anche qui ci sono talmente tante cose interessanti di cui parlare che potrei prendere in considerazione l’idea di farmi catturare da una nuova impresa del genere. In veste di romanziera potete leggere le mie precedenti pubblicazioni. Ho scritto due urban fantasy (Le Guardiane della Nebbia - il Risveglio e Le Guardiane della Nebbia - il Pooka; pubblicate con Il Ciliegio Edizioni); un thriller ambientato nella Capitale: Il palazzo dei segreti (Il Ciliegio Edizioni). Poi, dalla collaborazione con la famosa Dunwich Edizioni (casa editrice romana specializzata in pubblicazioni horror/fantastiche) ho pubblicato una raccolta di racconti dal titolo evocativo: Fuori è buio, e due novelle. 
Ora sto lavorando a una nuova “figlia” di carta, che rientra nella narrativa contemporanea… spero di potervela presentare molto presto!