"Io sono Heathcliff", la mia recensione


Titolo: Io sono Heathcliff
Autrice: Desy Giuffrè
Editore: Fazi
Prezzo: 9,90
Pagine: 237

Sinossi: Elena Ray è una ragazza ricca e viziata, la sua apparente superficialità nasconde però le tipiche sofferenze adolescenziali. Damian Ludeschi è un affascinante ladro di strada, amante del pericolo e romantico sognatore, incapace di accettare l'abbandono del padre e di assecondare i voleri di uno zio violento e avido di potere. Le loro vite sembrano non avere nulla in comune, se non fosse per un'antica maledizione che lega entrambi alla vecchia tenuta conosciuta con il nome di Wuthering Heights, e ai loro storici proprietari: Catherine Earnshaw e il suo amato Heathcliff. Abbiamo imparato a conoscerli e ad amarli nel classico senza tempo Cime tempestose, che ha fatto palpitare tanti cuori, e ora li ritroviamo come spiriti disposti a tutto, anche ad appropriarsi delle vite dei due giovani protagonisti pur di avere una seconda possibilità di vivere il loro sfortunato e triste amore. Non sarà il destino a decidere per loro, ma il segreto custodito nell'epitaffio di una tomba, che dà vita al sequel fantasy di una delle storie più amate della letteratura inglese: «Le rocce ne saranno custodi. La brughiera prigione. Finché una Figlia di Sangue non giungerà per ridare il sale alle loro ossa. E la terra non griderà più i loro nomi».


La recensione che scrivo è da parte di un'autrice emergente impegnata nella sua gavetta a un'autrice esordiente che ha appena pubblicato il suo libro, un'autrice gentile e disponibile nella quale a volte mi rispecchio. Quindi sarà spassionata e sincera, come un'amica lo sarebbe con un'altra amica. O collega; fate voi....

Quando sono venuta a conoscenza di un libro che vantava di essere il sequel di Cime tempestose mi sono detta “cavolo perché non c'ho pensato io?”. Chi mi conosce sa bene che Wuthering Heights è il mio libro preferito, l'unico tra tutti quelli che ho letto fino ad ora che mi ha fatto pensare “quest'opera avrei voluta scriverla io.”
Indubbiamente “Io sono Heathcliff” ha catturato la mia attenzione tant'è che ero curiosissima di leggerlo, e il caso vuole che io l'abbia addirittura vinto in un concorso indetto dalla Fazi e dalla Giuffrè. Le premesse erano davvero buone, le frasi estrapolate che ogni tanto leggevo su fb mi affascinavano. E arrivato il libro a casa ho iniziato subito a leggere.

 Ho apprezzato lo stile ricercato e fluido di alcuni passaggi, è un linguaggio che io adoro molto e che io stessa il più delle volte utilizzo. Desy sa calibrare bene le parole e se lavorerà su questo punto sono certa saprà stupirci in futuro con altre sue opere. Ho apprezzato poi, ovviamente, la ripresa di un classico a me tanto caro perché dopo questa lettura chi ha letto già Cime Tempestose può tornare in quell'adorata brughiera, o chi invece non lo aveva mai fatto può affrontare per la prima volta questo classico intramontabile. Devo complimentarmi con Desy per questo; brava, hai puntato l'attenzione sulla mia adorata Bronte. Anzi sulla “nostra” adorata Bronte.
Ma adesso veniamo ai punti del romanzo che mi hanno lasciata un po' perplessa. Bazzecole, cose da nulla, ma che ad un lettore attento a lungo andare danno noia e che sommate non trasmettono quelle emozioni che un libro simile dovrebbe invece fare. Iniziando dalla faccenda della Figlia di Sangue che è solo accennata. Elena scopre di essere la discendente di Cathy nella manciata di qualche riga, come se la notizia fosse quasi di poco conto e fosse stata gettata lì per dare spiegazione alla profezia che si sarebbe avverata nelle pagine successive. D'altronde è lo stile di Desy, ovvero raccontare anziché mostrare (che non è questa una cosa negativa sia chiaro, purché lo si faccia per bene). Spesso l'autrice fa dei lunghi salti temporali o taglia le scene, quasi come se stesse scrivendo una sceneggiatura anziché un romanzo. O meglio ancora una Fan Fiction.

 Tra le cose che mi hanno lasciata perplessa c'è il momento in cui Elena ritrova i diari di Cathy e li sfoglia; mi è sorta una domanda forse innocente e sciocca: “ma Elena conosce l'inglese?”. Lo stesso quando arrivano i domestici e avviene l'incontro con la famiglia Ray: “ma i Ray sanno parlare correttamente l'inglese o sono piuttosto i domestici a saper parlare l'italiano?”. A questa differenza di culture e linguaggio non si fa accenno, e sarebbe stato invece opportuno almeno concedere al lettore una semplice spiegazione....
Poi mi riesce difficile credere che nessuno dei Ray conoscesse la storia di Cime Tempestose e del romanzo famosissimo della Bronte. Elena è discendente di Cathy, il padre vuole fare di Cime Tempestose un albergo di lusso e nessuno di loro ha mai sentito nominare il libro della Bronte e delle vicende lì accadute? E' una disattenzione questa che mi ha lasciato molti dubbi... Ma andiamo ora ai personaggi creati dall'immaginazione della Giuffrè. Elena è la classica ragazza ricca e viziata che ritrova se stessa durante le sue disavventure. Trova anche l'amore in Damian, un ragazzo di strada che si ritrova a pagare i debiti di un padre che ha dilapidato le sue fortune. L'incontro tra i due cambierà le loro sorti. Non sono abituata a leggere romance lo ammetto, e forse è proprio per questo che la storia dei due non mi ha fatto palpitare molto.
Tuttavia mi sento di spezzare una lancia in favore di Elena che a mio avviso tra tutti è il personaggio riuscito meglio; Elena si ritrova intrappolata in una dimensione e in una realtà che non la soddisfano se non in apparenza. Addirittura il rapporto con la sua migliore amica Stella mi sembra forzato: entrambe sono belle, entrambe sono ricche ergo devono essere per forza di cose amiche. Ma Elena è fragile in realtà, piena di sogni e di aspettative; impossibile non rispecchiarsi in lei alla fine. I protagonisti secondari sono appena accennati e non sono riuscita a simpatizzare molto con loro. Mi sono stupita poi di come il rapporto della famiglia Ray da freddo e distaccato quale era si sia risolto in così poco tempo. Avrei preferito qualche battuta in più e qualche scena più approfondita dei genitori di Elena per poterli in questo modo conoscerli meglio. Stessa cosa per Stella e Matteo, quest'ultimo rientrato in scena verso la fine per una ragione che non ho ancora ben compresa. Alex Ludeschi, l'antagonista della storia, è si potente e “cattivo” ma il paragone con Hindley della Bronte mi è sembrato eccessivo.

Arrivando a Heathcliff e Catherine... Per una “fan” della loro storia immortale è difficile vederli in altre vesti e in altre forme. La Bronte ha saputo tratteggiare due anime come le loro in maniera magistrale; emulare la sua sensibilità e la sua bravura nel descrivere la passione l'odio e l'amore mancato è impossibile. E questo vale per ogni scrittore che decide di riportare in vita personaggi letterari di un certo calibro e peso. Mi è stato difficile quindi immaginarli in una storia paranormale fatta di possessioni ed eventi bizzarri. Come mi è rimasto difficile immaginarli fuori dalla loro amata brughiera, accanto a due anime che non sanno nulla di loro, in un continuo spazio- tempo che non gli appartiene. La spietatezza di rivivere il loro amore svanisce poi all'improvviso in un finale che lascia non pochi dubbi, dove il lieto fine sembra quasi scontato.

A chi si accinge a leggere Io sono Heathcliff suggerisco di non pensare a questo libro come a un vero e proprio sequel di Wuthering Heights, ma piuttosto come a un omaggio che Desy ha voluto fare alla Bronte. L'idea è azzeccatissima ma molto, molto azzardata. Come lo sono sempre i presunti sequel di opere classiche del resto. Leggo oramai da tempo libri famosi e meno famosi, mi sono fatta “il callo” se così si può dire e so riconoscere o almeno in parte fiutare chi ha la stoffa per poter fare di meglio. Questo è solo il primo esperimento della Giuffrè. Io so che possiamo aspettarci opere migliori e diverse da lei; le premesse ci sono. La padronanza dell'italiano anche. E, Io sono Heathcliff a parte, seguirò senza ombra di dubbio il suo cammino di scrittrice.

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